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paesaggi contemporanei:
migrazione - alta velocità - fabbriche occupate: il caso novaceta - salone del mobile: brera accoglie il design.
lavori in corso.
dai finestrini del treno della linea torino-milano, man mano che ci si avvicina alla stazione centrale di milano, da alcuni anni a questa parte è possibile assistere a molteplici attività. da un lato cantieri e spezzoni dell'alta velocità si alternano a stazioni di nuova generazione mentre a rho i padiglioni avveniristici della nuova sede fieristica campeggiano in tutto il loro maestoso gigantismo.
zone di frontiera.
è come se la ferrovia avesse tracciato una linea di demarcazione: da un lato la fiera, i cantieri, i depositi dove si intravedono treni di nuova generazione dai finestrini di quelli di tutt'altro registro dei pendolari; dall'altro (lato), tra la riva ferroviaria e una staccionata, tra il muro di un cimitero o di una fabbrica, le pieghe di un'altra società parallela che si ritaglia precari margini di spazio esistenziale. interspazi di sopravvivenza a metà tra un ritorno alla vita selvaggia e la merce che con i suoi involucri usa e getta arriva anche in questi interstizi sociali ... come è possibile dedurre dai cumuli di immondizia che periodicamente vengono rimossi dai servizi locali. luoghi provvisori, di transizione verso altri migliori approdi e tempi (almeno si spera). luoghi percorsi e abitati dall'emigrazione ed emarginazione di questi anni, sovente interpretata da giovani persone piene di speranze e con tutta una vita di fronte. rimozioni, quasi a voler cancellare un problema vissuto come irrisolvibile. ...
ma allora, forse, meglio non fotografare se l'unico risultato è quello di far naufragare anche la zattera su cui queste persone sono transitoriamente abbarbicate? quando le ragioni sanitarie - nonché serie - appaiono essere quasi sempre, solo, le ragioni degli altri, non certo di chi vive quelle condizioni di precaria transizione. questo era uno degli interrogativi che, con un'amica medico spesso incontrata in questa tratta, ci ponevamo.
lungo la ferrovia to-mi
presidi e operai sui tetti di una fabbrica.
sempre sulla stessa sponda transitando lungo questa linea ferroviaria a magenta un'altra situazione: già da mesi era infatti possibile intravedere in lontananza persone sui tetti di un grande complesso. figure animate che inaspettatamente si stagliavano nel cielo e che al confronto con i grandi volumi industriali apparivano allo stesso tempo piccole e inserite in un contesto straniante. si trattava degli operai in cassintegrazione della novaceta, circa duecento, in lotta per il loro posto di lavoro contro la chiusura dello stabilimento.
oggi sul tetto due sedie vuote mentre una serie di bandiere mi invitano comunque a scendere alla stazione di magenta. mi trovo quindi di fronte a numerosi striscioni e ad un presidio. dagli operai presenti apprendo che la prossima settimana si dovrebbe tenere un incontro decisivo per le sorti di questa unità produttiva e naturalmente dei suoi lavoratori.
il termine speculazione che campeggia in più di uno striscione, in realtà investe più sfaccettature dell'attuale panorama economico. inutile sottolineare come tutta l'area limitrofa milanese abbia ormai da tempo acquisito un valore immobiliare notevole. sempre più persone infatti, inclusi molti stranieri, studenti, professionisti che lavorano o studiano a milano, hanno trovato in queste zone a poche decine di minuti di treno dal centro, una soluzione relativamente economica (per ora) ad un problema abitativo che, come in molte altre metropoli, anche qui è molto sentito.
e' in questa situazione che un ulteriore tipo di speculazione prende piede investendo aree industriali in odore di dismissione e che gli operai in agitazione, proprio durante i lunghi mesi di occupazione, sono riusciti, almeno in un'occasione, a smascherare e scalzare.
la ditta infatti è occupata da dicembre!
come accennato stiamo parlando della novaceta s.p.a.: ''naturally intelligent acetates'' (!), fino a non molto tempo fa il principale produttore europeo di filo continuo di acetato, nata dalla joint venture tra l'inglese courtaulds filament yarns e l'italiana snia ampliatasi poi nel 1992 con l'acquisizione di ulteriori unità produttive.
gli errori e le scelte del mercato.
interessante rilevare come, anche in questo caso, i programmi industriali e le rassicurazioni in materia di delocalizzazione da parte delle aziende interessate a questo fenomeno macroeconomico siano stati disattesi o almeno abbiano presentato tutte le contraddizioni che da anni molti di noi accusano. l'economia infatti, accettati determinati assiomi e portate le azioni alle estreme conseguenze spesso si trasforma in un ingranaggio infernale caratterizzato da automatismi che a quel punto appaiono, o tali vengono rappresentati, come ingestibili. un'ingestibilità in parte pilotata che, guarda caso, finisce però per favorire alcuni a svantaggio di altri. questo vale anche per le famose ''eccellenze'' in italia tanto decantate e per il significato che viene spesso loro attribuito. una parola ''eccellenze'' già di per sé ''di barocca memoria'' che rimanda a prodotti d'élite o falsa élite, attraverso i quali ci dovremmo illudere di conquistare le cosiddette fette ''più avanzate'' (''!?'') di mercato. un'etichetta sotto la quale le realtà davvero più avanzate si sentono spesso a disagio.
questo avviene mentre una prospettiva moderna di economia, e soprattutto di socialità, vede nel rapporto tra tecnologia, ecologia e una produzione-distribuzione legata alla sensibilità di necessità diffuse, il vero sbocco contemporaneo. questo infatti dovrebbe essere il vero trend attuale piuttosto che l'alimentazione di mitologie ormai decotte. tanto per chiarire il concetto diciamo che, con tutte le semplificazioni del caso, uno stile creativo e funzionale risulta spesso più adeguato ai gusti e alle necessità attuali piuttosto che una ulteriore, sovente kitsch, esibizione di lusso. naturalmente questa nuova prospettiva economica più attenta all'ambiente non esclude nicchie di creatività ed un sistema dal quale poter attingere nuove idee. ma queste dovrebbero essere in grado di rispondere più adeguatamente alle necessità diffuse di una società moderna piuttosto che alimentare ulteriori discriminazioni, frustrazioni e superfluità.
a questo proposito mi sembra davvero interessante riportare le parole esatte con le quali nel dépliant informativo dell'azienda in questione si parlava di delocalizzazione in un periodo non sospetto ed evidentemente ante-crisi : ''... grande attenzione è dedicata a nuovi potenziali mercati che si aprono in seguito alla delocalizzazione del tessile in aree a più basso costo di manodopera, fermo restando l'impegno di novaceta a fornire i paesi a tradizione tessile, più vicini, fili cosiddetti ''speciali'' destinati ad una fascia di mercato più alta.''
le cose evidentemente sembrano però essere andate in altro modo ... (''!?'').
un prodotto ecologico.
la chiusura dell'impresa è l'epilogo contro il quale gli operai si battono da mesi anche in considerazione di due fattori: che questa realtà produttiva altamente competitiva era in grado di sfornare ogni giorno 60 tonnellate di filato equivalenti a ben il 50% del filo di acetato di cellulosa utilizzato in europa. secondo, che il filato in acetato è una fibra tessile sana con alte qualità igroscopiche, biodegradabile al 100% in quanto ricavata da un materiale naturale come la cellulosa.
inutile ripetere che questi, insieme al rispetto dei diritti dei lavoratori, dovrebbero essere i ''reali'' paramentri in grado di conferire ad un prodotto l'attributo di ''fascia alta'' !
ed è proprio a partire da questa considerazione che mi avvio nuovamente verso la stazione. presto si saprà se sarà trovata una soluzione alternativa alla chiusura definitiva dell'impianto che ponga dei limiti alla tendenza speculativa di delocalizzazione selvaggia a cui abbiamo assistito in questi anni.
brera e il design.
a brera nel frattempo, lo stesso giorno, in occasione del salone internazionale del mobile, la sensazione è quella di trovarsi di fronte ad un'utopia che si vorrebbe realizzata: una fantasia che se non si schiera apertamente contro il potere di sicuro se ne sta ritagliando alcuni spazi. si tratta del ''brera design district'', un ''fuorisalone'' forse un po' tra l'artificile e il folcloristico che però con showrooms ed eventi interessa l'intero quartiere di brera fin nei più riposti angoli e cortili permettendo di ri-scoprire, oltre al suo fascino e patrimonio storico, le sue innumerevoli attività.
un design che a milano d'altronde è sempre stato avanguardia: intelligente, funzionale, sensibile ai problemi ambientali e alle materie prime, di forme e soluzioni originali ed economiche. per questo apprezzato in tutto il mondo.
per l'occasione, al di là dell'enfatizzazione commerciale, era possibile immergersi in una folla inconsueta e internazionale che si snodava variopinta, allegra e curiosa tra le vie e i vari punti dislocati nel quartiere dove, come da materiale informativo, era dato trovare ''the best of design''.
una giovane creatività che sembra dunque doversi affermare tra le più stridenti contraddizioni di questo momento, contraddistinto da una crisi e trasformazioni dai risvolti epocali.
paola zorzi - aprile 2010
e.mail:
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fotografie di paola zorzi
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